Domanda di gennaio 2014
La scuola ha saputo accogliere il bambino adottato? Come? Genitori e insegnanti, raccontateci le buone prassi della vostra scuola.
- Nei commenti qui di seguito le vostre opinioni, le esperienze, i suggerimenti, i pareri, le riflessioni.
- Per maggiori informazioni si invita a leggere la pagina di Presentazione del progetto.
Salve, sono la mamma di una bambina del Burkina Faso che ora ha 5 anni.
A dicembre del 2011 l’ente ci ha comunicato l’abbinamento con Charlotte che abbiamo provveduto ad iscrivere a scuola qualche mese dopo: è infatti possibile, presentando i documenti relativi all’adozione, iscrivere i bambini adottivi a scuola anche se non arrivati ancora in Italia.
La scelta della scuola è stata fortunatamente molto facile. Avendo infatti anche un figlio biologico di 11 anni non abbiamo avuto dubbi nell’iscriverlo alla sua scuola. Conoscevamo bene le magnifiche maestre con le quali siamo andati a parlare per prepararle all’arrivo di Charlotte, previsto per l’autunno del 2012. Le maestre ci hanno consigliato di portare nostra figlia a scuola durante il periodo natalizio per un primo contatto. La classe, già formata, era costituita prevalentemente da bambini della sua età.
Siamo tornati dall’Africa nel novembre del 2012 con la nostra bambina.
Le decorazioni natalizie e le feste organizzate dalla scuola hanno aiutato Charlotte a vivere questi primi momenti di contatto con la scuola come una vera e propria festa.
A gennaio è iniziato l’inserimento, molto graduale. Inizialmente io stavo con Charlotte dentro la classe per un’oretta, fino all’ora della merenda, poi andavamo via insieme. Dopo qualche settimana ho iniziato ad uscire per un’oretta rimanendo all’interno della scuola. Avevo preso l’abitudine di lasciare in classe la mia borsa (portavo via una borsetta che aveva inserito dentro la borsa più grande) per farle capire che sarei tornata. Dopo qualche pianto iniziale Charlotte si è inserita benissimo in classe, accolta con amore dalle maestre e dai compagni. A febbraio mia figlia già salutava tutti ed entrava in classe senza problemi.
A settembre del 2013 a scuola è venuta una psicologa per valutare, con un servizio a pagamento, se i bambini della classe di Charlotte sarebbero stati pronti per andare in prima elementare e per prevenire i disturbi dell’apprendimento eventualmente individuati.
A fine novembre sia le maestre che la psicologa, che aveva avuto modo di valutare Charlotte, ci hanno detto che secondo loro nostra figlia non era pronta per andare in prima elementare. Anche io e mio marito avevamo capito che un anno di materna in più avrebbe certamente aiuto Charlotte ad arrivare alle elementari più serena e più pronta.
A questo punto, consigliati dalla Asl, dalle maestre e dalla psicologa, abbiamo preso appuntamento da una neuropsichiatra per avere una valutazione da depositare alla Asl, utile per poter rimandare ufficialmente il suo ingrasso alle elementari.
In conclusione, valutando ad un anno di distanza il post-adozione, devo constatare con molta amarezza che la scuola è stato l’unico luogo nel quale abbiamo trovato un concreto aiuto per nostra figlia.
Non credo che tutte le associazioni non seguono le famiglie durante il post adozione anche perchè molte reddicono le rela zioni per l’ estero inoltre io ne conosco una dove l’esperto dell’ente cura personalmente l’inserimento scolastico del minore adottato ,ovviamente , su richiesta del nucleo familiare e si occupa di contattare la scuola in caso di necessità.
La mia prima figlia, che ho adottato in Trentino quando stava per compiere 8 anni, è già mamma di due bambini. Io e mio marito abbiamo anche una figlia nata da noi, e un’altra – che ci considera i suoi genitori – arrivata in “affido a tempo indeterminato” rimanendo poi con noi fino a quando si è sposata. In mezzo ci sono state alcune brevi ma intensissime esperienze di affido Non so se la mia testimonianza riguardo all’inserimento scolastico della figlia adottiva possa essere utile, visto che è iniziato nel Gennaio 1978, ma ne voglio parlare perché lo ritengo emblematico di una situazione che si verifica anche adesso (infatti frequento coppie giovani che hanno figli adottivi in età scolare). All’epoca nella scuola di nostra figlia c’erano sia il tempo pieno che la vecchia maestra unica, e noi scegliemmo questa seconda formula, richiesta espressamente dalla bambina che, dopo tanti anni in istituto, desiderava sì andare a scuola ma soprattutto trascorrere tanto tempo con la famiglia, esperienza che non ricordava più essendo stata allontanata da casa, insieme alla sorella maggiore e ad un fratellino neonato, quando aveva 3 anni e mezzo. La sua insegnante era una giovane di 29 anni nubile. Mi disse: “Signora, la cosa più importante per la bambina è imparare a fare la figlia, per il resto c’è tempo. Intanto facciamola ambientare in classe, poi piano piano penseremo al programma didattico.” Geniale! Non ci fu bisogno dell’insegnante di sostegno, anche se, a causa del trauma dell’abbandono, che schiaccia il cervello come un TIR, la piccola sembrava avere un deficit intellettivo. Terminò brillantemente la quinta elementare portando un programma di terza, ma facendo un figurone! Alle medie trovò tutti gli insegnanti disponibili, e recuperò alla grande. Si trattava di un “affido a rischio giudirico”, che alla fine della prima media si trasformò in adozione. All’inizio della seconda media la ragazzina disse ai compagni di classe: ho cambiato cognome, ma sono la stessa di prima! Dunque: insegnanti molto validi, compagni rispettosi, genitori dei compagni… poco delicati (“ma la tua mamma vera dov’è?”, e nostra figlia senza scomporsi: “la conoscete benissimo!”). I problemi sono cominciati alle superiori, ad un corso professionale biennale della Regione – ci voleva una scuola facile facile – situato all’interno di un istituto privato gestito da Suore Salesiane. La ragazza doveva applicarsi di più, per riconoscenza verso i suoi “benefattori”… L’anno successivo è nata la sorellina, che avendo gravi malformazioni interne è rimasta per quasi due anni in Terapia Intensiva: la prof. di lettere e coordinatrice di classe, una religiosa laureata in psicologia, non perdeva occasione per sottolineare che la sua alunna doveva migliorare il proprio rendimento scolastico, anche per non dare altri pensieri alla mamma, già tanto preoccupata per l’unica figlia vera… In casa c’era anche la ragazza in affido sine die, che in pratica era sola al mondo e che quindi per noi era una figlia, ma guai a dirlo, perché aveva un altro cognome… Negli anni l’atteggiamento verso i figli non biologici è cambiato, ma resistono tanti luoghi comuni e una certa chiusura mentale, sia dentro la scuola che fuori…
Non c’è omogeneità. Ci sono scuole (a mio avviso poche e solo dove ci sono docenti che ci credono e genitori che si danno da fare) che lavorano sull’adozione e altre dove non c’è attenzione alle specificità. Manca una conoscenza ed una formazione specifica, che è fondamentale. Quella che c’è è stata realizzata prevalentemente grazie alle iniziative e alle spinte di associazioni di genitori adottivi ed altri enti privati accolte dagli enti scolatici coinvolti. Gli insegnanti che partecipano si ritrovano entusiasti perché lavorando sull’adozione si accorgono che si toccano una ampia sfera di aspetti che riguardano tutti gli altri bambini in classe.
Molto è cambiato negli ultimi 30 anni, in modo ancor più importante negli ultimi 20, rispetto all’adozione, specie l’adozione internazionale. I numeri sono molto più ampi, le condizioni pregresse dal punto di vista psicofisico denotano problemi più importanti rispetto al passato, arrivano bambini con età sempre più grande, con esperienze pesanti dal punto di vista fisico ed emotivo; sono aspetti che fin troppo spesso non sono presi in considerazione in tempi utili per prevenire tante situazioni scolastiche difficili che avrebbero potuto essere evitate, con tempi e percorsi rispettosi dei bisogni.
La legge sull’obbligo scolastico è posta talmente rigidamente che molti dirigenti scolastici si rifiutano di concedere deroghe all’inserimento in primaria in assenza di una 104, e neppure una 104 è sempre una garanzia.
L’attenzione da parte delle istituzioni non c’è stata fino ad ora, fino a quando i genitori adottivi e le associazioni che li rappresentano non si sono fatti avanti per colmare un inaccettabile vuoto normativo. Un vuoto e una disattenzione istituzionale che è andata a colpire i bambini che arrivano in adozione.
Il lavoro per cambiare questa stituazione è in corso da tempo; significativi movimenti sono avvenuti nel 2013. Sono certa che i risultati che i genitori auspicano arriveranno.
I bambini crescono, non possono aspettare i tempi degli adulti, i tempi della burocrazia, i tempi delle firme e delle autorizzazioni. Per i bambini serve agire nel più breve tempo possibile, per dare loro il tempo di recuperare il tempo perduto, il tempo dell’infanzia che non è stato concesso loro di vivere, il tempo per conoscere i nuovi genitori, il tempo per capire dove si trovano, il tempo per imparare a capire significati, prima di doverli esprimere per iscritto in una lingua che per gli anni del “prima” non è stata la loro prima lingua.
Faccio un appello alle istituzioni scolastiche, visto che siamo in un periodo di iscrizioni. Occorre superare con buon senso e flessibilità le rigidità di una legge pensata senza tener conto di TUTTI i soggetti, presenti e futuri. Vorrei dire loro che il DIRITTO/DOVERE di andare a scuola non può essere un DOVERE assoluto senza tenere conto della salute psicofisica dei bambini duramente provati. Dove sta la via di mezzo tra diritto e dovere? Il primo diritto è il DOVERE delle istituzioni di riconoscere che bisogna andare OLTRE la legge e pensare alla PERSONA, laddove la legge non lo ha fatto ed è carente, senza se e senza ma, e questo lo dobbiamo fare tutti.
Anche nelle convenzioni internazionali sui bambini, si enuncia il diritto del bambino a che sia tutelata la sua salute psicofisica. Ne cito una ad esempio:
“È dovere dell’istituzione scolastica, garantire il perseguimento degli obblighi di tutela, dell’interesse superiore del minore, anche consentendo deroga all’obbligo scolastico, laddove motivata da adeguata certificazione e sempre in via eccezionale.”
Convenzione sui Diritti del Fanciullo (New York 1989 – Ratificata dall’Italia con L. 176/1991).
Il primo modo di accogliere a scuola è “accogliere i bisogni” del bambino e non imponendo un obbligo che porta a compromettere la sua salute psicofisica già precaria. Lo sancisce la convenzione citata.
Vorrei che non solo ai vertici istituzionali scolastici, dove si sta svolgendo il lavoro sul benessere dell’alunno adottato, si ragionasse in questi termini ma anche a livello regionale e territoriale. Siamo ancora a gennaio. L’augurio che faccio è che il 2014 sia un anno di cambiamenti diffusi a livello nazionale, per il benessere del bambino adottivo a scuola. E’ un LORO diritto.
Buongiorno a tutti, sono un’insegnante di scuola primaria. Personalmente ritengo che manchi un’adeguata formazione per noi docenti in merito all’adozione. Fino ad oggi, nonostante gli alunni adottati siano progressivamente in aumento nelle nostre classi, gli insegnanti che accolgono un alunno adottato devono contare esclusivamente su loro stessi… non sono previsti nel percorso formativo per diventare insegnanti momenti formativi specifici sull’adozione. Una volta entrati nel mondo della scuola, i corsi di aggiornamento sull’adozione, nella mia esperienza personale, sono praticamente inesistenti… questa è davvero una pecca enorme.
Alla primaria, ho avuto due esperienze con i figli adottivi molto diverse tra loro: entrambi arrivati in Italia in età pre-scolare ma di origini e tratti somatici diversi.
Nel primo caso ho trovato un’insegnante impreparata, poco collaborativa e incapace di comunicazione e collaborazione che, ad esempio, con due bambini adottati e uno in affido in classe ha preferito saltare a piè pari la storia personale che è nel programma di seconda.
Nella stessa scuola qualche anno dopo è stato l’insegnante del mio secondo figlio a contattarmi con anticipo per avere un confronto su come impostare l’argomento. Mi sono reso conto che si era documentato opportunamente e dopo aver brevemente raccontato come viveva l’adozione mio figlio lo ho invitato a contattare un’insegnante di una associazione con cui, poi, ho saputo ha avuto un proficuo scambio di email che hanno dato buoni frutti.
Tra la prima e la seconda esperienza avevo invitato la dirigente della scuola (madre adottiva anche se con i figli ormai grandi) e una importante associazione di famiglie adottive a collaborare per organizzare qualcosa per gli insegnanti. Senza nessun contributo hanno dovuto limitare al minimo il lavoro, ma c’è stata grande attenzione e partecipazione tra gli insegnanti.
Dopo aver messo in contatto le due entità mi sono defilato perché ho notato che la scuola, su didattica e altri argomenti affini, teme le ingerenze dei genitori.
Concludo che forse se gli insegnanti avessero la voglia di documentarsi (le risorse nel terzo millennio sono alla portata di tutti, facili e immediate sulla rete e non è più necessario cercarle nelle biblioteche come una volta) si otterrebbero buoni risultati senza grandi sforzi. Già così, unitamente alla professionalità e all’esperienza, potrebbero almeno evitare gli errori più comuni.
Su internet ci sono anche risorse (schede, istruzioni, suggerimenti) in alternativa a molti testi scolastici che forse per inerzia, forse per disattenzione sono ancora legati a vecchi schemi familiari monolitici.
LA FORMAZIONE, il corso, il convegno possibilmente svolto nella propria scuola e in orari lavorativi è sicuramente un diritto dell’insegnante, ma è oggettivamente difficile da attuare. Nel frattempo è ampiamente possibile imitare i numerosi insegnanti di buona volontà che hanno dedicato e dedicano al tema un piccolo angolo del proprio tempo.
Marco.
Sono mamma adottiva e insegnante. Mio figlio sarà maggiorenne presto. Per noi l’esperienza scolastica è stata un disastro assoluto. In ogni ordine di scuola abbiamo rilevato mancanza di strumenti e di conoscenze adeguate. Abbiamo sofferto molto.
Nostro figlio ora frequenta la scuola superiore. Non ama la scuola ma rispetto agli ordini di scuola precedenti abbiamo notato da parte dei docenti una maggiore attenzione alla persona. I nostri figli oggi sono BES….almeno all’inizio della loro esperienza scolastica.La scuola è fatta dagli insegnanti….confidiamo in una sempre migliore preparazione degli stessi nei confronti dell’adozione.
Sono mamma adottiva di una ragazza di ormai 20 anni arrivata dall’India a 14 mesi.
L’inserimento, sia di un’anno di nido che di scuola materna è stato idilliaco. I problemi sono cominciati alle elementari. Una classe numerosa, con alcuni alunni che provenivano da altre materne e che non conoscevano mia figlia. Nessun aiuto dalla maestra di italiano (coordinatrice). Alcuni alunni prendevano in giro la bambina per il colore della pelle e lei si difendeva portando via matite, penne, gomme da cancellare a questi compagni. La maestra invece di capire perchè facesse ciò ci ha consigliato di rivolgerci ad una psicologa. La psicologa, da noi interpellata, ci ha spiegato che la bambina aveva solo bisogno di essere accettata, capita e di trovare i suoi tempi dentro la classe. Ancora oggi lei non parla volentieri della maestra delle elementari e io ne ho sofferto tanto anche perchè ho avuto un raporto conflittuale con la maestra che si è ripercosso anche sulla bambina. La mestra in questione la incontro ancora ma non mi chiede mai cosà fa mia figlia.
Medie e superiori senza nessun problema. Ora studia design dell’interni al Politecnico di Milano . con buoni risultati.
La penso anch’io come Licanto. Maggior attenzione ai bambini adottati e non dare tutto per scontato.
La formazione è fondamentale, ma come sappiamo, nella scuola non si investe e pur essendoci persone disponibili e anche sensibili, la non conoscenza potrebbe far fare (a fin di bene) degli errori.
La formazione fatta nella mia provincia è stata promossa dalle famiglie (associazioni) in larga parte.
I docenti (non tutti) si rendono conto del bisogno, ma spesso solo se hanno in classe un bambino/ragazzo adottato; io credo che bisognerebbe fare formazione ad ampio raggio, perché se non c’è un alunno adottato, ne potrebbe sempre arrivare uno.
Data la situazione economica che non consente di fare grandi cose, inviterei genitori ed insegnanti a collaborare. Oggi su internet e nella letteratura si trovano moltissime informazioni e tantissimi spunti per comprendere come affrontare l’argomento.
Parlare di adozione a scuola significa parlare di accoglienza dell’altro a 360°.
Un bambino adottato potrebbe essere un bambino con handicap, figlio di genitori separati, proviene da tutti gli angoli della terra, è un bambino che ha spesso un pregresso pesante. Bisogna aiutarlo nel suo percorso anziché ostacolarlo ed appesantire ulteriormente lo zainetto che si porta dietro, come oggi accade fin troppo spesso.
E quando è un po’ più cresciuto, lavorare perché la sua autostima venga stimolata ed aumenti per sostenere e fronteggiare le difficoltà adolescenziali.
Ho l’impressione che così non si va da nessuna parte…
Mi spiego meglio: mi aspettavo che qualche insegnante ci raccontasse delle sue esperienze in merito. Sono sicuro che insegnanti capaci, attenti e con la voglia di spendersi ce ne sono parecchi. Mi piacerebbe che raccontassero le loro soluzioni. Qualche errore e (chi non fa non sbaglia) e qualche brillante caso di piena integrazione.
Altrimenti facciamo una lunga lista sterile di lamentele.
BRAVI INSEGNANTI REAGITE!
Sono altrettanto sicuro che gli insegnanti che sbagliano (se sbagliano) lo fanno in buona fede. I bambini adottati sono difficilmente incasellabili in modelli preformati (anche dall’esperienza), ogni caso è un po’ a sé per origini, provenienza ed esperienze pregresse spesso ignote o poco note.
Ho anche l’impressione che a differenza di altre categorie di bambini provenienti da situazioni di difficoltà (ad esempio i figli di coppie divorziate o orfani, ecc) gli insegnanti e la scuola in genere, sopravvalutino i genitori adottivi (per attenzione, capacità ecc) e che facciano maggior affidamento sulle prerogative di questi ultimi per risolvere i problemi dei loro figli.
Niente di più falso per quanto riguarda la scuola, i genitori adottivi si trovano a fronteggiare situazioni inattese e hanno bisogno di maggiore aiuto e collaborazione per uscirne senza le ossa rotte, soprattutto se è la prima adozione.
Nostra figlia è arrivata a 6 anni e mezzo, mai scolarizzata. Arrivata a fine anno scolastico, secondo la direzione scolastica doveva essere inserita a scuola anche se solo per un mese e mezzo, e (in teoria) in prima elementare. Dialogando, abbiamo ottenuto di inserirla almeno alla meterna, assumendocene la responsabilità scritta come genitori e poi, grazie all’intervento dei servizi, di non iscriverla proprio, posticipando l’ingresso a scuola a settembre, alla primaria. A scuola le maestre l’hanno da subito aiutata, tarando le pretese, ma comunque mantenendo anche per lei i ritmi e i programmi degli altri. Informandoci, abbiamo scoperto che nostra figlia aveva diritto a un piano educativo personalizzato, in quanto alunna straniera e adottiva. Lo abbiamo richiesto, ormai in seconda elementare. La sensazione avuta è che la scuola non sia affatto preparata all’inserimento del bambino adottivo. Ognuno giustamente fa quel che può e che sa, ed è molto, ma senza una linea guida che valga per tutti, univoca, certa, chiara, si rischia di perdere per strada aiuti e strumenti che potrebbero essere importanti. So che alcune cose stanno cambiando. Comunque una maggiore informazione, degli insegnanti, delle Direzioni, dei genitori, non può che essere d’aiuto.
Io sono mamma adottiva di un bambino di 6 anni, siamo in prima elementare! Accoglienza per noi è stato innanzitutto poter stabilire con l’insegnante una comunicazione diretta e autentica, direi una vera alleanza di lavoro sia sul piano comunicativo (come dire e nominare alcune cose ed esperienze riferendosi al bambino) sia sul piano didattico (come affrontare il tema adozione in classe e progettare per la classe un ritorno positivo perché la sua presenza possa essere risorsa per tutti). La nostra esperienza è certamente positiva, ma ciò che vorrei qui evidenziare è che si deve andare oltre la buona volontà di insegnanti “illuminati”. Il Miur sulla spinta di associazioni di genitori ha fatto e continua a fare ma serve dare RISORSE alla scuola perché possa formare i docenti su questo tema. Ho toccato con mano il bisogno formativo dei docenti, i quali in maggioranza non hanno difficoltà a esplicitare la loro carenza di competenze su questo tema, e i Dirigenti, in tanti, sono pronti ad avviare seminari, corsi, eventi ma non ce la fanno con le risorse… Ora che il bisogno formativo dei docenti è scoperto (in psicologia diremmo che è diventato esplicito), e di questo le istituzioni hanno merito avendo diffuso maggiore cultura dell’adozione, bisogna provvedere e mettere le scuole nella condizione di agire. Ciò non esime la scuola a cercare soluzioni “locali”, da noi alcuni esperti dell’università si sono messi a disposizione a titolo gratuito, ma è dovere del Governo sostenere in modo strutturale interventi di formazione ai docenti per il benessere dei nostri bambini. Ecco mi aspetto che insieme a linee guida da seguire per migliorare l’accoglienza ci siano i fondi per fare quanto prescritto alle scuole, altrimenti la loro applicazione dipenderà, ancora una volta, dalla maggiore o minore sensibilità di questo o quell’altro dirigente o docente.
Buongiorno a tutti voi,
grazie a tutte le persone che sono intervenute in questo dibattito, che ha bisogno della vostra voce. Tutti i commenti sono ricchi di spunti di riflessione fanno comprendere che all’interno del panorama scolastico esistono delle mancanze, forse dovute all’assenza di formazione e di tempo.
La prima testimonianza, della Sig.ra Paola ha dato dimostrazione di “flessibilità” e di “tempo”, ingredienti essenziali per una buona accoglienza. Anche quest’ultima testimonianza è dimostrazione di una scuola “aperta” e fonte di serenità..
Apprezzando ogni vostro contributo, vi invito ad informare le insegnanti della vostra zona a contribuire al dibattito. Sarebbe bello poter “dare voce” alla scuola che piace a noi; a quella che accoglie, ascolta, coinvolge, dialoga, a quella che fa sognare i bambini, che gli insegna a costruire passo dopo passo la propria vita.
Invito la Sig.ra Sara, a raccontarci la sua esperienza diretta e concreta per quanto riguarda l’accoglienza, tra i banchi di scuola, dell’adozione.
Grazie a tutti per l’attenzione
Greta Bellando di ItaliaAdozioni
Questo silenzio degli insegnanti è in realtà fragoroso come un urlo!!!
Ci stanno dicendo che NON vogliono discutere di questo argomento, che il numero dei bambini adottati è esiguo, che loro sanno già fare il proprio lavoro, che NON vogliono condividere simili questioni con i genitori o con altri che non siano insegnanti.
Si chiede sempre molto alle famiglia e si da molto poco in cambio, se fanno qualche fesseria, la colpa è sempre del bambino o dei genitori che non hanno… aiutato, comunicato, supportato…
Trattano gli adottati come stranieri anzi peggiò perché i genitori sono italiani e quindi non hanno i problemi di comprensione dei genitori stranieri.
Se tuo figlio ha problemi di autostima (molto comune negli adottati), no. è pigro o è limitato, non vale la pena di investire troppo su di lui, ha la sufficienza, è abbastanza. Cosa si può pretendere di più, è svantaggiato.
Davanti a simili approcci vien quasi voglia di non rivelare l’origine adottiva del figlio (quando è possibile, ovviamente). almeno lo tratterà come tutti gli altri, ma poi comincia la storia con la richiesta del ciuccio, delle foto da neonato, dell’ecografia del feto, tutto come il ciclo precedente e quello precedente ancora, così nei lustri dei lustri amen.
Ricordiamoci che la parola adozione per un insegnante significa innanzi tutto adozione di un libro di testo!
Perbacco, hanno una laurea e per sapere cos’è l’adozione hanno bisogno di un corso del ministero!
Parlare della scuola se sa accogliere un bambino adottato è emblematico. Oggi ci sono problemi così evidenti nelle famiglie srnza bambini adottati quindi cone sr be può parlare e accogliere se i primi adulti sono problematici?
Lungi da me fare il difensore d’ufficio dei maestri, ma da molti precedenti contributi si evidenzia una certa ostilità ed è naturale perché chi ha avuto esperienze soddisfacenti è meno portato a intervenire di chi ha da sfogare delusioni o rivendicazioni.
Per essere sincero, in entrambe le mie esperienze nella primaria, anche quando l’insegnante non si è dimostrata all’altezza, il comportamento peggiore nei confronti dell’adozione, della famiglia adottiva e del bambino stesso è vanuto dai genitori dei compagni. Persone convinte di sapere tutto della vita (soprattutto quelli con educazione e scolarità di alto livello) e che in realtà erano ignoranti e impermeabili a qualsiasi tentativo di confutazione delle loro idee. Chiaramente, con simili input, i loro figli non potevano che sviluppare un chiaro senso di superiorità.
Gli insegnanti, capita, che soffrano i rapporti con i genitori perché accade che questi non riconoscano nessun tipo di patto educativo e, in casa, arrivino anche a deligittimare l’insegnante presso i figli, complicando così il loro lavoro in classe anche con gli altri alunni.
In mancanza di armonia è immaginabile che chi ci va di mezzo sono quei bambini che partono svantaggiati e gli adottati (soprattutto se arrivati da poco) ne fanno parte.
Non per fare di tutta l’erba un fascio, sia chiaro, ma oggi nella scuola ci sono moltissimi problemi che spesso non dipendono del tutto dall’insegnante. E pur vero che nonostante le difficoltà, se esiste apertura verso l’altro, esiste la possibilità di colmare la non conoscenza.
Io ho definito i bambini adottivi a scuola, i bambini “invisibili” non tanto perché non si vedono i bambini, ma perché non essendo stati mai presi in considerazione dal sistema scolastico, non sono attribuibili a nessuna categoria contemplata dalle normative. Da qui derivano moltissime problematiche che i genitori riscontrano.
Mettiamoci poi il fatto che apprendono molto velocemente la lingua e persino i dialetti (ovviamente solo per comunicare), diventano ancora più invisibili. Il loro disagio non è percepito anche se ben evidente.
Questo accade in tutti gli ordini e gradi del sistema scolastico.
Tra l’altro il fatto che non si sa come collocarli nelle statistiche della scuola (fatto confermatomi da chi di scuola si occupa a livello territoriale) la dice lunga. Ecco la conferma che ho avuto della loro “invisibilità” per il sistema scuola.
La cosa che mi fa restare sempre più perplessa e mi disturba è perché, avendo questo tipo di difficoltà, la scuola non agisce, non si attiva? Anziché segnalare le difficoltà al genitore, perché non coinvolge e non cerca di progettare insieme ai genitori un percorso per cambiare un sistema statico? Si aspetta sempre che sia il genitore a suggerire.. Abbiamo tutti internet alle punta delle dita. Basta digitare “scuola e adozione” e ci appaiano tonnellate di informazioni e pagine scritte.
Ovviamente, non tutti gli insegnanti sono uguali, e di questo ne sono ben cosciente, sono bistrattati e demotivati, se non si agisce per tempo, ci va di mezzo il benessere di bambini che hanno avuto una non infanzia. Vogliamo ridare loro un po’ di serenità cercando di comprendere perché si agitano, perché sono distratti, perché possono diventare arroganti, violenti, disturbare, non apprendere? Io credo che adottare sia un fatto “anche” sociale. Non riguarda solo la famiglia che accoglie ma tutta la società che sta intorno, e la scuola è l’agenzia educativa più importante dopo la famiglia che può fare la differenza.
Termino per dire che qui parliamo di scuola e la prima cosa che viene in mente è l’insegnante, ma ritengo che da chiamare in causa rispetto al benessere ed al percorso scolastico dei bambini adottati non ci sia solo la scuola, ma anche tutte le altre figure che si sono occupate della loro adozione e che non sembra si siano date da fare per spronare ad un cambiamento reale, tangibile e celere, del sistema scuola – i bambini crescono, diventano adolescenti, e nel percorso soffrono per il passato, ma anche per il presente che non gli abbiamo costruito per i suoi bisogni per consentirgli di guardare il futuro con ottimismo.
Scusatemi se sono ripetitiva, ma credo che ognuno potrebbe dare un contributo, ma spesso aspettiamo gli altri, senza metterci in gioco.
Chiedo scusa per eventuali errori. Ho scritto di getto.
La mia è l’esperienza di genitore di una ragazza di 17 anni, III anno di liceo scienze umane, arrivata in Italia a 6 anni e mezzo e subito inserita in prima elementare, seguendo i consigli dei servizio adozioni e della scuola. Nel corso dei vari cicli sono emerse difficoltà di apprendimento miste a disturbi di emotività, che caratterizzano molti bambini adottati. Direi che la prima risposta adeguata per accogliere e sostenere le difficoltà di nostra figlia è arrivata solo quando siamo finalmente riusciti a mettere intorno al tavolo, durante un GLH, dirigente scolastico, docenti, insegnanti di sostegno, psicologa della ASL con lettera della neuropsichiatra ASL che certificava gli esiti delle valutazioni cognitive e raccomandava massimo supporto per evitare il rischio dispersione, psicologhe del centro specializzato al quale ci siamo rivolti privatamente e che segue la ragazza dalle medie. In due anni la ragazza ha recuperato brillantemente moltissime difficoltà, riuscendo con un programma per obiettivi minimi a rimanere nella programmazione della classe, utilizzando tutte le misure compensative e dispensative delle quali ha bisogno e venendo anche promossa! Conoscendo bene anche altre esperienze di famiglie adottive con le quali siamo in contatto, il lavoro in rete tra docenti e dirigenti scolastici, servizi, famiglia e, se necessario, specialisti dovrebbe rappresentare la regola per accompagnare adeguatamente l’inserimento dei nostri ragazzi, in tutti i cicli, per inquadrare le specifiche necessità, condividere la terminologia e gli approcci. Il lavoro in rete non dovrebbe essere preteso dai genitori (e ottenuto solo dietro raccomandate) ma trasformarsi in una prassi operativa che veda il GLH solo come momento di formalizzazione, utile per fare il punto della situazione e tirare le somme di un lavoro di contatto e scambio di informazioni continuativo, e in un lavoro di squadra che abbia il solo scopo di garantire il benessere dei ragazzi a scuola e il diritto dell’istruzione a tutti. La mia esperienza è a disposizione per tutti i progetti che il MIUR intenda promuovere su questo tema.
La difficoltà più grossa non è stata avere sostegno a scuola ma la comprensione degli insegnanti a capire che oltre all’intelligenza intelletuale c’è quella emotiva tabu ad oggi per la scuola comunque i piccoli sono inseriti.
Ci vorrebbe più comprensione per temi in classe .
Spettabile Italiaadozioni, sono un insegnante della scuola primaria che ha e ha avuto in classe in tanti anni parecchi bambini adottati. Sono perfettamente d’accordo sull’accoglienza che va riservata a mio giudizio a ogni bimbo e in particolar modo ai bambini che hanno vissuti faticosi. Volevo però sapere una cosa, perché purtroppo a me è capitato di dover accettare situazioni secondo me sbagliate. Ai genitori dei bambini adottati viene detto di non mandarli subito a scuola??????? Purtroppo mi è capitato, – ahimè più di una volta -, di provare a far di tutto, anche con la mia dirigente, per convincere i genitori di bambini arrivati in Italia da un mese o poco più, a tenerli a casa. Ma non c’è stato verso! La legge era dalla parte dei genitori e quindi abbiamo dovuto desistere. Le motivazioni che adducevano andavano dai problemi con il lavoro, al fatto che fosse il bambino a voler andare a scuola, alla necessità di socializzare…..Inutile dire che sono stati tutti bambini che hanno avuto problemi e tanti. Noi insegnanti abbiamo le mani legate e ci dispiace davvero tanto, perché passiamo con loro tante ore ogni giorno. Grazie
Daniela
….rispondo a Daniela, e’ vero sono d’accordo anch’io con Daniela ad aver la possibilita’ di tenerli a casa almeno per alcuni mesi e’ una cosa positiva ma purtroppo come nella mia situazione di mamma adottiva di una bimba di 7 anni brasiliana arrivati in italia a dicembre come potevo farla stare a casa e mandarla a scuola a settembre all’eta’ di 8 anni in prima elementare e’ quasi impossibile…infatti e’ stata inserita in corsa in prima elementare con tutte le problematiche possibili e si ripercuotono ancora oggi che la ragazza frequenta la terza media …invece con il bambino che era piu’ piccolo sono riuscita inserirlo alla scuola materna per poi iniziare la scuola elementare tranquillamente…..
Il problema non è da sottovalutare e dovrebbe essere risolto caso per caso con il buon senso più che con delle regole generali e con il presupposto che non si dovrebbe essere troppo precipitosi. A tal proposito consiglio anche la lettura delle due pagine titolate In che classe iscriverli
Sullo stesso argomento consiglio anche la lettura di: A 14 anni alle elementari.
Lasciatemelo dire: che bello non avere più problemi di scuola! Quanto l’abbiamo patita!
Il passaggio dalla scuola dell’infanzia alle elementari è certo più graduale e meno traumatico che non dover inserire una bambina di 10 anni in terza elementare.
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Ci ho un po’ riflettuto e sono arrivata alla conclusione che ci sono dei bisogni per il bambino, ma anche per la famiglia:
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- tenerli a casa o mandarli subito a scuola? Nel ns caso è stata la bambina a dircelo. Voglio andare a scuola anche di pomeriggio, come fanno tutti gli altri. Noi avevamo già concordato un inserimento graduale ma lei è stata risoluta. Voglio andare a scuola! Non c’erano problemi di tempo per me, avevo diritto al congedo. Ci è sembrato giusto assecondarla.
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- anche le mamme hanno bisogno di essere un po’ guidate. In fondo una mamma adottiva è una mamma che si trova a fare la mamma da subito, catapultata nel mondo scolastico senza rodaggio (se il figlio è già grande). Conosco mamme che vengono continuamente fermate dalle insegnanti per scaricare loro addosso le agitazioni o le furberie dei figli che non rientrano nell’ordine normale di una classe. Come se queste povere mamme potessero risolvere da sole e nel giro di poco tempo i traumi di una piccola vita.
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-Il bambino deve sentirsi accolto. Significa trasmettergli che tu hai stima di lui. I bambini sono sensibili alle menzogne e smancerie degli adulti. I modelli degli adulti sono importanti. I nostri figli cercano prima di tutto figure di riferimento solide a cui guardare. C’è poi la classe. Al di là delle famiglie, il tutore dell’ordine a scuola è l’insegnante. Ne ho visti anch’io girare lo testa di fronte a piccoli atti di bullismo. Vanno fermati subito.
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- I nostri figli non sono bambini “in batteria”: lezione, ricreazione (ma non correre), pranzo (ma senza alzarti dalla sedia), lezione di nuovo. E poi a scuola di danza, di musica, d’inglese, catechismo, un salto dalla nonna, un po’ di TV e di nuovo i compiti. E’ vita questa? Mia figlia si arrampicava sugli alberi …correva nei prati…con scarpe, senza scarpe…come faccio ad inserirla in questo meccanismo perverso? W la liberta!
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-Detto in maniera sincera, coma ha già ribadito qualcuno, un bravo insegnante non ha bisogno dei corsi del Governo, si informa da solo. Soprattutto se ha in classe dei bambini con esigenze particolari. I protocolli servono a poco se non si vogliono applicare. Sono però un punto di partenza per risvegliare le coscienze.
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- Finchè noi adulti trattiamo i bambini come dei robot sarà difficile capire a fondo la loro anima e risvegliare la loro curiosità intellettuale.
WOW SUPER .. ! come direbbe mia figlia. . questo è il commento più umano che ho letto fin’ora: è vero che ci sono mille carenze nel sistema scolastico e nella preparazione degli insegnanti ma . . non fate caso che sono le stesse carenze che lamentano tutti? perchè, invece di far odiare la scuola ai bambini . . inventando per loro doveri e impegni fuori e dentro, non gliela facciamo amare, non gli insegniamo che serve a non rimanere ignoranti e strumentalizzati da chi ne sa più di noi .. non ricordiamo la lezione di Don Milani? per il resto, alla domanda del mese rispondo .. la scuola ha accolto bene mia figlia, naturalmente dopo che noi ci siamo fatti valere perchè . .aiutati che Dio ti aiuta: le carenze dei vertici sono tante ma, per fortuna, la buona volontà degli insegnanti sopperisce. . certamente non è giusto così ma la vita non è una bella favola giusta e i nostri figli lo sanno bene e anche più di noi.
Eccovi l’esempio di un corso proposto agli insegnanti (e operatori) da una nota psicologa che con grande esperienza si occupa di scuola e adozione. Si tratta del prototipo di offerta dei corsi che si possono trovare. (crediti ECM, numero limitato di iscritti, attività interattive, scambio di esperienze, svolgimento nel week-end nelle principali città – Torino, Milano, Genova… – ecc) Il costo può essere anche un po’ più basso ma l’ordine di grandezza è questo riportato in fondo all’offerta, mentre a volte scende fino a circa 150€ mentre i contenuti sono più o meno gli stessi.
Non ho nulla verso associazioni e/o professionisti che propongono i corsi (rispetto la loro professionalità), ma mi sono sempre chiesto a chi fossero destinati: ai singoli insegnanti? non credo che un insegnante possa e/o voglia impegnare cifre simili per un argomento marginale rispetto alla totalità del suo lavoro. Ai dirigenti? non credo perché i dirigenti ormai sono entrati in un vortice di problemi amministrativi e organizzativi di tutt’altra natura. Agli psicologi scolastici? non credo siano nemmeno una figura istituzionale stabile (a volte c’è, a volte è opzionale, a volte non esiste).
Quindi ci troviamo in un paradosso: alla scuola servirebbe una formazione di base diffusa, un ABC comune per tutti gli insegnanti, che poi potrebbero collaborare tra loro per trovare strategie ad hoc per le varie situazioni, le proposte che si trovano invece sono destinate a pochi insegnanti (per tariffe alte e numero di posti limitati) che probabilmente diventeranno super-esperti in adozione e incompresi da tutti gli altri.
ecco la tipica offerta (trovata sul web):
“LA FATICA DI IMPARARE ALUNNI ADOTTATI E SUCCESSO SCOLASTICO
Si propone un percorso di formazione della durata di 8 ore, suddivise in 4 moduli
MODULO 1 – Perché per un bambino o un adolescente adottato il rapporto con la scuola può essere difficile?
MODULO 2 – Linee guida, Protocolli di accoglienza, Progetti mirati: A che punto siamo? Che aiuti possono venire agli insegnanti dalla rete interistituzionale?
MODULO 3 – I “compiti” della scuola: Strategie per sostenere l’apprendimento e gestire eventuali problematiche comportamentali e relazionali
MODULO 4 – I “compiti” della famiglia: Come relazionarsi con i genitori? Cosa chiedere? Come costruire strategie d’intervento condivise?
RELATRICE: dr.ssa Psicologa e psicoterapeuta, ex insegnante Esperta in problematiche dell’apprendimento e del post-adozione
COSTI: € 150,00 a modulo per un totale di € 600,00
E’ possibile accorpare i moduli due a due o anche realizzarli tutti in un’unica giornata, accorciandone leggermente la durata e inviando preventivamente ai corsisti materiale d’informazione e riflessione “
Per completezza di informazione, anche se le domande rimangono le stesse di Marco, il costo per singolo partecipante si aggirano più o meno tra 100 e 150€ mentre per le scuole (singole o in gruppo) le tariffe sono quelle riportate (io ne ho trovata una a 720€ per l’anno in corso)
Dobbiamo purtroppo considerare che la maggior parte degli istituti sta lottando con i bilanci e non riesce a coprire le necessità di manutenzione e didattica ordinarie.
Aggiungiamo poi che, come detto da Marco, il problema scuola-adozione agli occhi dell’universo scuola è numericamente trascurabile perché la popolazione scolastica italiana alle elementari è di poco più di 2 milioni e 800 mila studenti di cui circa 250 mila stranieri (meno del 9%) mentre la media annua di adottati giunti in italia è 3500 più un migliaio di adozioni nazionali… Ipotizzando grossolanamente che siano tutti da inserire nella scuola primaria arriviamo a 8 adottati per mille alunni.
Buonasera a tutti voi,
La domanda di gennaio sta per concludersi e sono personalmente felice di poter, oggi, commentare con un grande traguardo. Il MIUR finalmente ha detto “si” alla deroga dell’obbligo scolastico.
“La circolare apre alla possibilità di far frequentare un anno in più di scuola dell’infanzia ai bambini di sei anni da poco entrati in Italia, posticipando quindi l’iscrizione alla scuola primaria e dando ai bambini il tempo necessario per ambientarsi, consolidare le loro competenze linguistiche e dando spazio alla costruzione della nuova famiglia [...]…
Fino ad oggi nessuna deroga era prevista all’obbligo di istruzione, tranne che per gli alunni con disabilità. Per saperne di più http://www.vita.it/welfare/adozioni-internazinali/alunni-adottati-il-miur-dice-s-alla-deroga-all-obbligo.html
Un grande traguardo che ne pensate? ….
Saluti a tutti
Greta Bellando di ItaliaAdozioni
Cara Greta,
ci auguriamo sia il primo segnale del cambiamento.
E’ vero, come dite, i protocolli sono lettera morta se poi non c’è un gruppo che li fa applicare. E’ ciò che nel mio territorio sto cercando di spronare. Gli accordi devono avere sostanza e devono essere concretizzati con una rete di persone che fanno si che funzionino. Certamente, le risorse economiche affinchè ciò possa essere realizzato sono fondamentali. Sono convinta che la creatività delle famiglie troverà il modo..
Rispetto ai numeri esigui, vorrei sfatare un mito. E’ l’obiezione che ci è stata fatta varie volte quando proponevamo dei percorsi per le scuole. A tale obiezione abbiamo dimostrato che occupandoci di un bambino adottivo ci occupavamo di TUTTI i bambini. Un esperienza formativa fatta sulle specificità di un bambino adottivo raccoglie un concentrato e una grande varietà di specificità presenti in tutte le altre categorie di bambini presenti nella scuola.
Se si propongono argomenti di ampio respiro io sono convinta che la scuola accolga. Noi ci siamo riusciti. Una associazione amica della Valle d’Aosta è riuscita lo scorso autunno a realizzare due giornate formative alle quali hanno partecipato numerosissimi docenti e con grande sorpresa. Si è parlato di alunni, inserendo anche l’adozione.
Detto questo, non può essere la singola associazione o gruppo di professionisti a proporre formazione sul’adozione per i docenti, ma l’argomento adozione dovrebbe rientrare in tutti i programmi di formazione normalmente attuati dalle istituzioni scolastiche.
Faccio un breve esempio. Pochi anni fa nella mia provincia i docenti hanno fatto un percorso di formazione sull’abuso. In tale ambito andava inserita l’adozione. Se si parla dell’impatto che i disturbi dell’attaccamento possono avere sull’apprendimento, si dovrebbe parlare delle specificità anche dei bambini adottivi. E’ l’istituzione “scuola” che deve imparare ad aprire gli orizzonti, ma lo farà se pure noi siamo capaci di farglielo notare.
Dobbiamo evitare di patologizzare l’adozione, ma dobbiamo renderla visibile nel modo giusto affinché riceva l’attenzione necessaria per essere compresa nella sua complessità.
Spesso noi genitori ci arrabbiamo con gli insegnanti e capisco molto bene come ci si sente, ci sono passata, o meglio “ci siamo passati”, e anche per numerosi anni, ma se ci rifletto, neppure noi siamo nati imparati. Forse i primi formatori dei docenti siamo noi, e forse dobbiamo formare prima noi stessi sin dalle prime fasi. Quando si è alle prime armi molti aspetti non si comprendono ma credo sia uno degli aspetti formativi per i genitori su cui occorre concentrarsi di più.
Nostro figlio è stato accolto molto , ma molto bene , da tutti !!!!!!! Dalle maestre ai compagnetti . In brevissimo tempo , qualche settimana appena , lo conobbe tutto il plesso scolastico , ora ha più amici di me , lo salutano tutti per strada e restiamo sbalorditi !!!!!!!