Si sa davvero poco dell’affido e spesso solo per sentito dire. Quello che sappiamo con certezza, invece, è quanto ce ne sia bisogno. Occorrono persone singole, famiglie con o senza figli, addirittura nonni che si interessino a questa proposta e decidano se dare la propria disponibilità a vivere questa avventura. Chi si interessa all’affido, generalmente, non conosce tutti i risvolti e le implicazioni tipiche del percorso di affidamento: va dunque aiutato a comprendere la complessità e il fascino della strada che desidera intraprendere. Abbiamo quindi pensato di offrire le prime informazioni sull’affido, rimandando per maggiori approfondimenti ai siti che troverete in calce all’articolo.
Cos’è l’affidamento familiare
L’affido familiare non è un’adozione. E’ un intervento a termine, di aiuto e sostegno offerto al bambino e alla sua famiglia d’origine, che non è in grado di occuparsi delle sue necessità.
Un minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato a un’altra famiglia o ad una persona singola che gli assicuri le relazioni affettive, l’educazione, l’istruzione e il mantenimento di cui ha bisogno.
Gli affidatari possono essere: coppie sposate o conviventi, coppie con o senza figli, persone singole, separati o vedovi.
Cosa devono fare gli affidatari
Dare la disponibilità affettiva e avere la volontà di accompagnare per un tratto di strada un bambino o un ragazzo aiutandolo a sviluppare le sue potenzialità, valorizzando le sue risorse.
Avere uno spazio nella propria vita e nella propria casa per accogliere un bambino.
Avere la consapevolezza della presenza e dell’importanza della famiglia d’origine nella vita del minore.
Partecipare agli incontri di verifica sull’affidamento predisposti nel tempo dai servizi sociali.
Le caratteristiche dell’affido
L’affido ha carattere di temporaneità, infatti l’affidamento può cessare quando la situazione di difficoltà che lo ha generato viene risolta, quindi è fondamentale il mantenimento dei rapporti con la famiglia d’origine del minore in previsione del suo rientro.
La famiglia affidataria ha diritto a un contributo economico per contribuire alle spese di mantenimento del minore.
I genitori affidatari godono degli stessi benefici relativi ai congedi lavorativi garantiti ai genitori naturali.
Si deve dare la propria disponibilità al servizio sociale del territorio di residenza e quindi si intraprende un percorso di consapevolezza sulla possibilità di diventare genitore affidatario. Tale percorso si conclude con la definizione dell’abbinamento più adeguato tra le caratteristiche e la disponibilità dell’affidatario e le esigenze del bambino e della sua famiglia.
Sottolineo che mentre l’adozione mira a una prospettiva di vita familiare duratura e stabile, l’affido pone ai genitori affidatari grandi interrogativi sulla personale capacità di gestire i molti aspetti di questo percorso: l’interazione con un minore che spesso ha già vissuto esperienze drammatiche, l’interazione con i servizi sociali, l’interazione con la famiglia d’origine, la contemporanea necessità di investire affettivamente nel progetto e la temporaneità del rapporto la cui durata è immersa nell’incertezza.
Personalmente ammiro molto le persone che riescono a sopravvivere in questa impresa…
Brava Ivana, le notizie fondamentali mi sembra ci siano tutte e il resto si può approfondire dai siti o incontrando chi già vive questa esperienza.
Sicuramente l’affido è un “fatto sociale” in quanto apre la famiglia obbligatoriamente a relazioni nuove e dalle quali non può prescindere ma è proprio nel poter contare su “altro da sè” (servizi sociali, supporti psicologici, uffici affidi e soprattutto altre famiglie che stiano facendo la medesima esperienza) che la famiglia trova il supporto necessario per percorrere questa non semplice ma possibile strada. La famiglia affidataria non deve essere perfetta in quanto famiglie perfette non esistono, ma sicuramente avere una forte disponibilità all’apertura e a mettersi in gioco.
Mio marito ed io siamo sposati da 38 anni ed abbiamo tre figlie, due sposate e una in procinto di farlo. Il nostro primo affido, di una bambina di 5 anni e mezzo, risale al 1977, e in seguito abbiamo accolto altri minori: una bambina di 8 anni, un ragazzo di 14, una ragazza di 15 anni. Sono state delle “grandi avventure”, particolarmente impegnative perché i bambini provenivano tutti da storie familiari molto pesanti, ma se potessimo tornare indietro rifaremmo tutto daccapo. I minori che ci sono stati affidati erano stati allontanati dalla loro famiglia d’origine con un decreto del Tribunale Minorile, vivevano in istituto e da anni non avevano alcun contatto né con i genitori né con parenti. Durante l’affido non ci sono mai stati rapporti con il nucleo d’origine, se si eccettua il ragazzo di 14 anni che aveva saltuari contatti con qualcuno dei suoi 11 fratelli. L’affido è un’esperienza straordinaria, che ti fa “crescere”, e che è fondamentale per i bambini, i quali in molti casi non hanno mai sperimentato una cosiddetta relazione primaria “sana”. Da quella lontana nostra “prima volta” non abbiamo mai smesso di lottare affinché ai minori venga riconosciuto il diritto di vivere in un contesto familiare, perché abbiamo sperimentato sulla pelle di quelli che abbiamo accolto, e amato come figli, quanto sia dannoso a livello psicologico non sentirsi incondizionatamente importanti per qualcuno. Un cordiale saluto.
Grazie per la notevole testimonianza e complimenti per la vostra scelta di vita…
Grazie per questi articoli e relativi commenti inerenti al progetto dell’Affido.
Chiedo se possibile un approfondimento relativo ad esperienze di genitori adottivi che hanno avuto esperienza anche di affido successive all’adozione. Se è un progetto possibile pensando soprattutto alla relazione tra figlio adottivo e affidatario. Grazie Cristina
Per favore vorrei adottare un bambino italiano che sia un neonato che me lo cresco io e la mia famiglia.